Giosue' Borsi letterato in preghiera alla SS. Annunziata

L’articolo che segue, rivisto ed emendato, è stato scritto per il periodico La SS. Annunziata di Firenze nel ‘lontano’ 2007.

Giosuè Borsi nacque a Livorno il 10 giugno 1888, dal giornalista Averardo e da Verdiana Fabbri, entrambi di Castagneto. Ebbe come ‘compare’ al battesimo Giosuè Carducci, amico del padre, da cui prese il nome. Visse l'infanzia per lo più a Livorno, in un ambiente anticlericale e agnostico. Ma, dotato di ingegno naturale, di rapidità nell'apprendere e facilità nell'esprimersi, manifestò predilezione per gli studi e le belle lettere. Terminò il liceo classico nel 1907 e si laureò a Urbino nel 1913.
Da allora ebbe successo letterario e mondano, cui contribuì in parte la sua eleganza nel vestire e la piacevolezza nel conversare, oltre alla sua raffinatezza di scrittore e di fine dicitore di Dante.
Nel 1910 morì improvvisamente il padre, direttore del Nuovo Giornale di Firenze, lasciandogli sulle spalle l’onore e l’onere della direzione. Nel 1912 scomparve anche la sorella Laura, seguita nel 1913, da Dino, di soli cinque anni, figlio di lei, molto amato dallo zio. Giosuè rimase così con la madre e il fratello minore, Gino. I colpi della sventura agirono sul suo spirito come un richiamo alla serietà della vita e, grazie alla lettura del Manzoni e all'amicizia con il padre Guido Alfani delle Scuole Pie, furono il primo avvio all’adesione al cattolicesimo che avvenne nel 1914, e alla sua vestizione come terziario francescano lo stesso anno.
La crisi della Prima Guerra Mondiale gli fece intravedere il sacrificio sul campo come il coronamento desiderabile di una esistenza troppo piena di errori e di peccati; fu interventista per ragioni nazionali e perché desiderava una morte che fosse testimonianza della sua nuova fede.
Arruolatosi volontario come sottotenente della Milizia Territoriale, con scarsa preparazione militare, fu mandato al 25° Fanteria. Al fronte partecipò sempre alla Messa e fu vicino al cappellano militare, incoraggiando i soldati sottoposti nelle difficoltà.
Cadde il 10 novembre 1915 in un assalto a Zagora (Gorizia). Ogni cura fu inutile; i soccorritori gli trovarono nella giacca “le medaglie, la foto della madre e una piccola edizione della Divina Commedia”.

Giosué Borsi scrisse diverse opere in prosa e in poesia. Tra le prime, Confessioni a Giulia fu il diario della sua vita e dei suoi sentimenti, ‘confessati’ ad una donna immaginaria e ideale, come Beatrice lo fu per Dante. Vi ricordò come nel 1912-13 si trovasse a Firenze e lavorasse al Nuovo Giornale.
In piena crisi esistenziale, sentiva che i lutti familiari, le inimicizie, le invidie, le disgrazie, invece di infondergli maggior coraggio, erano le scuse con le quali giustificava la sua pigrizia e la paura di prendere una decisione. Si sentiva incostante, vanesio, debole.

Un giorno, tornando dalla biblioteca, entrò nella chiesa della SS. Annunziata e si rannicchiò in un angolo dell’ultima cappella a sinistra, a pregare “con l’anima astratta”, davanti alla Madonna, come aveva fatto due secoli il giovane San Luigi Gonzaga che qui aveva espresso il suo voto di castità.
Giosuè pregò con fervore e la Vergine Annunziata lo accompagnò in quel cammino che egli stesso ricorda in questa breve frase dei Colloqui, scritta come una preghiera:

“Tu lo sai, Signore: il mio ritorno alla tua grazia è stato lungo, lento e graduale; ma sento bene che il tuo soccorso divino, paterno sollecito, instancabile, amorosissimo non mi è mai mancato”.

Paola Ircani Menichini, 9 dicembre 2022.
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Giovanni Casati nel Dizionario degli scrittori d’Italia, vol I, p. 188, riporta parte di una bella poesia di Giosuè Borsi – “di natura melanconica e sensibile” –, scritta prima della conversione (Le voci della primavera):

“Chi sospira così ? L’onda del mare
con pianto doloroso
pensa che mai potrà dimenticare,
che non avrà riposo.
Chi mormora così ? sono le fronde
d’un alberello in fiore.
Egli piange. Perchè? non si nasconde
che quel che nasce muore.
[...]
E mentre dal mio cuor che triste ascolta,
sgorga la poesia,
anche al mio cuore viene alla sua volta
la dea Malinconia.



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